Blog / Casi di successo / Chiaralascura: la storia del brand
Da più di 10 anni, Chiara lavora come grafica e illustratrice freelance realizzando illustrazioni e merchandising per vari brand, associazioni non profit, editoria e vari eventi. Nel 2010, decide di aprire il suo negozio online e comincia così il percorso che la porterà alla creazione del suo brand, Chiaralascura.
Nel suo store troviamo un vasto assortimento di capi di abbigliamento, accessori e gadget di vario tipo. Il filo conduttore che unisce quest’ampia offerta di prodotti è lo stile delle sue creazioni, unico e inconfondibile, e la schiettezza con la quale riesce a far passare i suoi messaggi e la sua personalità.
Chiara è un’attivista vegan e per la Fat Acceptance con un obiettivo non semplice da realizzare: combattere lo stigma del corpo grasso e riportare la grassofobia e la nozione di corpo non conforme al centro del movimento body positive. I suoi disegni parlano di diversità corporea, accettazione, parità e raccontano la lotta agli stereotipi con i quali la società ci impone di giudicare i corpi.
Tutto è partito quando Chiara, subito dopo il master, ha cominciato a lavorare da stagista come montatrice video presso un’agenzia che l’ha poi assunta. Una bella fortuna al giorno d’oggi, si potrebbe pensare, ma le condizioni contrattuali non erano ottimali e in più Chiara sentiva che non poteva esprimere appieno la sua creatività.
“Mentre ero lì, per la prima volta nella mia vita, ho iniziato a disegnare, non l’avevo mai fatto seriamente. Ho studiato comunicazione, non arte, ma in realtà volevo fare tutt’altro”. Un po’ per caso, un po’ perché quando si ha un talento innato prima o poi salta fuori, Chiara scopre la passione per il disegno. Spinta dal suo compagno e dai suoi amici, i quali vedevano nelle sue creazioni del potenziale, si convince e decide di lanciarsi.
“Ho iniziato a disegnare qualche soggetto e a stamparli su delle t-shirt e altri prodotti per vedere se qualcuno le avrebbe comprate. Mi sono buttatta senza avere nessuna certezza, ma l’alternativa era continuare a fare qualcosa che non mi piaceva realmente e che non mi rendeva pienamente felice”. Così nel 2010, apre la partita IVA e inizia a vendere le sue creazioni partecipando a fiere e mercatini.
Ma quali erano questi soggetti di cui parla? “Ero appena diventata vegana e i miei primi disegni erano quasi tutti incentrati su questo tema. Creavo t-shirt e vari gadget e li vendevo in giro per fiere ed eventi vegani in tutta Italia”.
Nello stesso anno, Chiara apre il suo negozio online e comincia a creare il suo brand, Chiaralascura, ma aggiunge: “È stato un processo lento che pian piano mi ha portato a sviluppare il mio stile. Venivo dal mondo digitale e dal disegno grafico, quindi creavo per lo più scritte e disegni vettoriali, ma poi ho capito che potevo disegnare in modo più tradizionale”.
Nel 2011 organizza un crowdfunding che definisce un vero e proprio calcio di inizio per la sua carriera come illustratrice. “La piattaforma tramite la quale l’ho organizzato non era ancora riuscita a portare a termine nessun progetto, il mio è stato il primo”.
Oltre che per il ricavato raccolto – 5.000 euro con cui ha prodotto una mini collezione – il crowdfunding si è rivelato utile anche a livello mediatico in quanto le ha permesso di farsi conoscere al di là della cerchia vegana. “Ero molto inserita e attiva in questa nicchia, ma il crowdfunding mi ha dato visibilità al di fuori”.
Nel 2013 Chiara apre un laboratorio di serigrafia perché voleva essere libera di stampare i suoi prodotti da sola e non essere legata a quantitativi minimi di ordine, ma si rende subito conto che era stato un errore. “Dovevo affrontare un sacco di spese, in più la serigrafia è molto tecnica e io sono una persona creativa, non incline ai tecnicismi e alla precisione. Inoltre, i macchinari e il locale hanno un costo non indifferente”. Per compensare, inizia a fare lavori su commissione, ma racconta come questa attività l’abbia un po’ incastrata: “Dovevo stare dietro ai clienti, alle loro scadenze e non avevo più tempo per le mie creazioni. Questa è stata decisamente una battuta di arresto per lo sviluppo del mio brand”.
Come si suol dire, a volte bisogna sbattere la testa per capire, e infatti Chiara intuisce che il lavoro di artigiano e di precisione non fa per lei. Dopo 5 anni decide di chiudere questo capitolo e di dedicarsi alle sue passioni, ovvero al disegno creativo. Nel 2018 scopre il print on demand e inizia ad affiancarlo alla sua attività principale. “Per un po’ ho continuato a stampare le grafiche più semplici da sola, mentre quelle a più colori e complesse le ordinavo con il POD. Ho subito capito quanto fosse comodo!”.
Il print on demand è stato un forte aiuto per Chiara perché le ha permesso di dedicarsi solo alla parte creativa e di non preoccuparsi della produzione dei prodotti. “Non dovevo più pensare al lato tecnico, di conseguenza la mia creatività è esplosa. Finalmente dovevo occuparmi solo di disegnare mentre il servizio di print on demand avrebbe fatto tutto il resto”.
Un fiume creativo in piena, Chiara amplia anche i temi delle sue creazioni. Già da attiva nel mondo vegan, si avvicina al movimento femminista che come afferma, ha rappresentato un punto di svolta. Grazie al femminismo, scopre infatti il movimento della Body Positivity e della Fat Acceptance, cause a cui adesso si dedica anima e corpo e sui cui ha basato il concept del suo brand e del suo negozio e che l’hanno portata alla fondazione di “Belle di faccia”, associazione che ha creato con la sua amica Mara Mibelli.
“Ho iniziato a realizzare disegni su tutti i temi a cui tengo senza mettermi nessun limite e finalmente ho trovato la mia dimensione”.
Da allora, Chiara vende le sue illustrazioni su vari prodotti: abbigliamento, borse, tazze, adesivi, cappelli e decorazioni da parete. I suoi lavori si ispirano ai valori in cui crede: la fat liberation, la body positivity, il femminismo intersezionale e la liberazione animale. Gli articoli che vende sul suo negozio sono il più possibile sostenibili ed etici e allo stesso tempo si impegna a offrire un ampio range di taglie cercando continuamente alternative più inclusive.
L’associazione “Belle di faccia” nasce invece come progetto su Instagram e ha come scopo la sensibilizzazione su temi quali il body shaming e la grassofobia, cercando di riportare i corpi non conformi al centro del discorso body positive.
Avresti mai pensato di disegnare corpi grassi? “No, assolutamente. Io come molte persone non accettavo il mio corpo e per me era impensabile disegnare questo tipo di figure. Come tantissimi altri, anche io raffiguravo il corpo standard, magro, bianco, senza disabilità perché ci insegnano che quella è la normalità e il concetto di bellezza”.
A questo punto dobbiamo fare un passo indietro per comprendere la causa per la quale Chiara si batte ormai da anni non solo con le sue creazioni, ma con interviste, partecipazioni a eventi, conferenze e anche con un libro che ha scritto in collaborazione con la sua amica Mara – “Belle di faccia: Tecniche per ribellarsi a un mondo grassofobico”.
La body positivity deriva dal movimento della Fat Acceptance, una corrente sociale, politica e subculturale nata nel 1967 negli Stati Uniti. Gli attivisti della Fat Acceptance ambivano a eliminare lo stigma sociale sulla grassezza e a promuovere l’idea che ogni corpo è valido mettendo in evidenza gli ostacoli che le persone grasse devono affrontare quotidianamente.
All’epoca la donna grassa era associata all’immaginario (patriarcale) dell’angelo del focolare. Il suo compito era quindi quello di prendersi cura dei figli, del marito e delle faccende domestiche, in netta contrapposizione con la rappresentazione della donna emancipata degli anni ‘60, che però era snella. Ecco perché il concetto della Fat Acceptance è strettamente legato alla questione femminista, la quale a sua volta mette in dicussione gli standard etero patriarcali, di genere e la norma.
La grassofobia è invece la paura, il disprezzo e la discriminzazione verso il grasso – spiega Chiara.
“Comprende sia la percezione negativa del grasso, la paura di diventarlo, sia il pregiudizio verso chi lo è. Le persone grasse sono considerate pigre, ingorde, sporche, poco professionali, malsane, senza autocontrollo e dipinte alternativamente come disgustose e ridicole o come casi umani da compiangere, questo anche a causa della rappresentazione mediatica che ne viene fatta. Varie ricerche hanno dimostrato che la grassofobia ha serie conseguenze sul modo in cui le persone grasse vengono trattate dai medici, nel mondo del lavoro e persino dalla giustizia”.
Si parla molto di body shaming anche in Italia, ma non bisogna però confondere questi concetti con la grassofobia, che è invece un discorso molto più ampio. La grassofobia è infatti la sistematica discriminazione ed esclusione delle persone grasse dai vari aspetti della società.
Parliamo quindi di stigmatizzazione nel mondo del lavoro, nel campo medico, nella scuola, nei media e anche nella moda. In questo settore, oltre che nella rappresentazione di un certo tipo di canone, la discriminazione si riflette anche nel problema delle taglie.
Che ci sia un problema nell’assortimento delle plus size non è un segreto, infatti Chiara mi conferma che questo la limita molto nella scelta dei prodotti perché la maggior parte dei brand non va oltre la XL o al massimo la XXL.
“Capisco che ci possano essere difficoltà produttive, ma le persone plus size vogliono vestirsi come tutte le altre e hanno soldi da spendere come tutte le altre, si tratta di un disinteresse generalizzato perché la moda e l’esclusività vanno d’accordo”. I brand vendono un certo tipo di immagine e il desiderio di rientrare in un élite, per cui limitano le taglie e di conseguenza solo un certo tipo di persone può comprare i loro articoli. Molti brand non vogliono essere rappresentati da una persona che non corrisponde ai tipici standard di bellezza”.
“Molti marchi non hanno taglie più grandi della XL, quasi come se fosse una minoranza, senza accorgersi che invece escludono un sacco di gente”. Per fortuna il concetto di inclusività sta prendendo sempre più piede e anche la moda sta cambiando e sta cercando di adattarsi alle esigenze di tutti. Penso che questa sia la strada da intraprendere”.
Per Chiara è molto importante che la stessa t-shirt sia disponibile dalla XS alla 5XL e che lo stesso avvenga per tutti gli altri prodotti, infatti è sempre alla ricerca di nuovi fornitori in modo da poter ampliare il range di taglie.
Tuttavia, negli ultimi anni abbiamo assistito alla mercificazione del discorso body positive e molti brand si sono appropriati del suo messaggio edulcorandone il vero significato. La body positivity va al di là dell’hashtag “self-love”, dell’uso che se ne fa sulle piattaforme social o in TV e dello slogan “tutti i corpi sono belli”. Il suo significato è soprattutto politico e nasce come un movimento di ribellione che mette in discussione il sistema di valori con i quali giudichiamo i corpi e costruiamo gli standard di bellezza.
Quindi, ho chiesto a Chiara cosa ne pensasse di questa tendenza: “Pensi che i brand stiano sfruttando questa tendenza, come per esempio sta accadendo per la sostenibilità per cui vediamo vari marchi proclamarsi a favore di questo movimento, ma in realtà è solo greenwashing?”.
“In generale capita con tutto, anche con il femminismo, si tratta di pinkwashing. Per cavalcare l’onda della body positivity basta fare una campagna e mostrare donne con taglie leggermente più grandi e qualche “difetto”, ma se guardi più attentamente sono tutte più o meno della stessa taglia e nel fondo non c’è diversità, non ci sono corpi grassi o disabili. All’industria della moda basta pochissimo per sembrare inclusiva perché abbiamo sempre visto la taglia 0, quindi se mostri una donna con una taglia 46 o 48 sembra già una grande rivoluzione. In realtà, quelle campagne non hanno mai visto una donna grassa e ne deve ancora passare di acqua sotto i ponti”.
“Con l’organico e la sostenibilità accade la stessa cosa, si tratta di greenwashing. Si fa presto a dire che un tessuto o un capo è sostenibile, mentre si certificano le condizioni dei lavoratori, la provenienza dei materiali e la sua produzione con dei certificati creati dagli stessi brand.
Ecco perché io cerco di usare prodotti etici e certificati, fabbricati con tessuti naturali, riciclati o biologici quando è possibile. Sicuramente spendi un po’ di più, hai un margine di guadagno minore, ma almeno cerco di contribuire il meno possibile alla produzione di inquinamento o allo sfruttamento del lavoro”.
Se dovessi definire il messaggio che vuoi far passare con le tue creazioni quale sarebbe?
“Ci sono tantissime cose che mi stanno a cuore, ma il tema principale è sicuramente l’inclusività, quindi l’idea che tutti i corpi sono validi; non esiste un corpo migliore dell’altro, non c’è una gerarchia e ognuno può vestirsi come vuole a prescindere dall’età, dal genere e dalla taglia.
“La questione della salute mentale è anche molto importante per me, per questo cerco di dare messaggi onesti e di non trasmettere un’immagine patinata di me stessa. So benissimo che sui social si mostra solo la perfezione e la positività a tutti i costi, ma io cerco di parlare delle mie fragilità, dei miei fallimenti, dei miei errori”.
Questi sono i valori di Chiara la quale spera e crede di aver creato una community che apprezza quello fa. “Credo di esserci riuscita. Ci sono tantissime persone che sono affezionate a me da ormai 10 anni”.
Senti di aver dato voce a molte persone? “Spero di sì. A prescindere dal mio marchio e dal mio lavoro, sicuramente il lavoro fatto con Belle di faccia è stato molto apprezzato. Tantissime persone ci dicono che avrebbero voluto un messaggio del genere quando erano adolescenti, che abbiamo cambiato le loro vite e che grazie a noi sono andate al mare per la prima volta in tanti anni”.
L’attivismo vegan continua o l’hai abbandonato? “Non faccio più parte di gruppi vegan e non organizzo più eventi. La ragione principale è stata la grassofobia che ho purtroppo incontrato nel mondo vegan. Tuttavia continuo a credere molto nell’antispecismo come parte della lotta contro tutte le forme di oppressione e, anche se non come all’inizio, continuo di tanto in tanto a disegnare cose legate a questi temi. Ho magliette che ormai sono diventate un cult e che non eliminerò mai dal catalogo come quella con la scritta Seitanist che continua a vendere e far ridere anche dopo molti anni”.
Si sa che i social sono fondamentali per la promozione di un brand e se si vuole e sensibilizzare il pubblico su determinati temi. Chiara ne è cosciente, infatti ha lavorato e continua a lavorare duramente per creare la sua community e divulgare il suo messaggio attraverso contenuti di valore.
I suoi sforzi sono stati ripagati e, ad oggi, il suo profilo Instagram ha 28.600 follower e un altissimo livello di engagement. Promozioni dei prodotti, aneddoti, riflessioni, video… sul suo profilo IG troviamo vari tipi di pubblicazioni e formati, da più promozionali a educativi e ironici.
Come fai a conciliare il tuo lavoro, quindi la creazione di grafiche e prodotti e la gestione di un e-commerce, con quella dei tuoi profili che peraltro riesci a mantenere molto attivi?
“Non è facile. Una grande azienda ha di solito varie figure per cui c’è anche la persona che si occupa dei social, io no. Inoltre, molto spesso le persone creative non amano mettersi in mostra, siamo un po’ eremiti. Personalmente mi piace il mio lavoro, ma non amo apparire per vendere i miei prodotti”.
“Bisogna creare contenuti tutti i giorni altrimenti il social in questione si dimentica del tuo profilo. Uso soprattutto Instagram, ma ho anche Facebook su cui riposto le pubblicazioni di Instagram e uso più che altro come vetrina e marketplace”.
“Su Instagram sta diventando sempre più difficile aumentare la visibilità di un brand senza gli annunci a pagamento, come su Facebook. Inoltre è necessario inventarsi costantemente cose nuove, altrimenti si hanno poche probabilità di apparire nel feed di chi ti segue. Adesso funzionano molto i reel, ma sto studiando qualche altra strategia. Su TikTok non ho ancora molto seguito perché ho iniziato da poco e devo capire cosa funziona e cosa no”.
A parte i social utilizzi altri canali per fare pubblicità al tuo negozio? “Ho una newsletter mensile in cui mostro i nuovi prodotti, ma cerco sempre di aggiungere qualcosa di interessante perché le ultime novità possono essere viste anche su altri canali. Normalmente, inserisco la playlist del mese, consigli di lettura o riflessioni personali”.
Ho visto che hai un profilo su Patreon, spiegheresti a chi non lo sa come funziona e come ti aiutato con il tuo progetto?
“Gli utenti di Patreon sono una sorta di mecenati, quindi ti supportano perché apprezzano davvero quello che fai. I sostenitori si iscrivono alla community dell’artista e danno un contributo mensile che può partire da 1 euro e arrivare fino a varie somme, dipende dai livelli che imposta il creator”.
“Nel mio caso, ho creato più livelli. Con 1 euro gli abbonati possono vedere la mia Bacheca in cui mostro a cosa sto lavorando, cosa sta per uscire, l’anteprima della collezione e in più possono usufruire di uno sconto sul mio sito. I livelli più alti hanno anche file da scaricare come sfondi del cellulare o disegni da colorare. Gli iscritti al livello più avanzato invece ricevono tutti i mesi una box con adesivi e stampe. È un modo carino per ricompensare le persone che ti supportano”.
La strategia utilizzata è diversa da quella di tutti gli altri social così come i contenuti e le pubblicazioni. È una sorta di dietro le quinte in cui gli utenti possono vedere i suoi sketch, partecipare a sondaggi e decidere quale sarà il prossimo disegno o ascoltare il suo podcast che esce mensilmente.
Ha anche un profilo Instagram dedicato solo agli abbonati di Patreon a cui si accede tramite una richiesta.
A parte i social, Chiara ha un bel da fare con il suo negozio. Il suo marchio è infatti internazionale ed è apprezzato da acquirenti di tutto il mondo, non solo italiani.
Mi confessa che prima vendeva tantissimo in Inghilterra, mentre adesso molto meno a causa della Brexit, in quanto spesso i clienti si ritrovano a dover pagare la dogana quando ricevono l’ordine. Per fortuna, vende molto negli Stati Uniti, in Germania, in Svizzera, un po’ dappertutto, ma soprattutto in Europa e negli Stati Uniti.
Pensi che la posizione dei tuoi clienti sia collegata al livello di coscienza sulla Fat Acceptance e sulla Body Positivity? C’è una differenza in termini di vendite e sensibilizzazione su questi temi in Italia rispetto ad altri paesi?
“Sicuramente sì. All’estero, soprattutto nei paesi anglofoni, certi argomenti vengono trattati già da molto tempo. In Italia però c’è stato un boom ultimamente e l’interesse sembra crescere. Fino a qualche anno fa vendevo di più all’estero, ma negli ultimi anni ho iniziato a vendere maggiormente in Italia”.
Chiara ha ormai un bel po’ di esperienza nel mondo dell’e-commerce, pertanto prima di concludere la nostra intervista le ho chiesto se avesse qualche consiglio per tutti coloro che vogliono iniziare un’attività come la sua. Ecco la sua risposta:
“Se ci si vuole dedicare solo alla parte creativa consiglierei di provare il print on demand perché a me ha cambiato la vita. Infatti, se potessi cambiare qualcosa del mio percorso, sicuramente non avrei mai cercato di stampare i prodotti da sola né con la serigrafia. È un percorso che va bene per persone molto precise e meticolose, ma nel mio caso è stato un completo disastro anche se mi dispiace ammetterlo”.
“Inoltre, col senno di poi, sarei stata molto più sicura di me fin dall’inizio, non avrei avuto paura di mettermi in gioco, di dire quello che penso. Con l’esperienza ho imparato che è impossibile piacere a tutti, ma prima o poi la tua nicchia la trovi e ci saranno sempre delle persone che apprezzeranno quello che fai”.
“Un’altra cosa che mi sento di consigliare è di non lasciarsi prendere dall’ansia da prestazione e di non avere paura di chiedere e di farsi aiutare”. Non ci si deve confrontare con gli altri e soffermarsi su ciò che si vede online. Molto spesso viene mostrato solo il 10% della vita di una persona, ma bisogna ricordarsi che anche coloro che sembrano irraggiungibili, pieni di follower e di successo molto probabilmente stanno combattendo qualche battaglia interiore con le proprie insicurezze”.
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Da Alessandra Leone il 13 apr 2022
Alessandra Leone
Da sempre amante dei libri e del formato cartaceo, Alessandra ha successivamente sviluppato un forte interesse per il marketing e il mondo digitale. Con un background universitario in lingue, letterature e traduzione, attualmente coltiva la sua passione per la comunicazione e la linguistica dedicandosi alla creazione di contenuti web.
Da sempre amante dei libri e del formato cartaceo, Alessandra ha successivamente sviluppato un forte interesse per il marketing e il mondo digitale. Con un background universitario in lingue, letterature e traduzione, attualmente coltiva la sua passione per la comunicazione e la linguistica dedicandosi alla creazione di contenuti web.
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